Fallout


Anche oggi mi sveglio e faccio un po’ di fatica a capire dove mi trovo. Tempo e spazio sembrano essersi fusi in una sola dimensione, un quanto di spazio-tempo che io fatico ad assimilare.

Lentamente la realtà riaffiora nei miei pensieri, ma istintivamente tento di rimandarla indietro nei più reconditi angoli della mia coscienza. Ma è tutto inutile …

Quando ero bambino  mio padre ha avuto un periodo nero, aveva perso la voglia di vivere. Poi l’ha superato, non so bene come. Non ne abbiamo mai parlato, ho saputo di questa cosa da mia madre solo da ragazzo, ma non ho mai avuto il coraggio di parlarne con mio padre.

Quanto vorrei che fosse ancora qui! Forse lui saprebbe indicarmi una via per digerire questa realtà che lentamente sta riaffiorando in me in tutta la sua assurdità.

Per decenni il mondo intero ha temuto la catastrofe nucleare, ogni giorno pareva potesse essere l’ultimo per l’intero genere umano … ma secondo me nessuno ha mai pensato che potesse succedere davvero.

Finalmente la mia mente comincia a ricevere i primi segnali dalla realtà circostante … come un’androide che prende vita dopo un lungo periodo di ibernazione. Riattivato automaticamente dall’intelligenza artificiale della nave interstellare che lo ha portato su un pianeta distante migliaia di anni luce. Il lungo viaggio non ha intaccato i suoi circuiti neurali, ma il caricamento della memoria dallo storage della nave richiede del tempo.

No, non sono su Betelgeuse o su Alpha Centauri … altri frammenti di realtà si fanno strada nella mia mente, senza però riuscire a formare un quadro comprensibile … come in un’opera di Picasso.

Poi all’improvviso il mondo intorno a me esplode, come se un ciclone mi avesse attraversato con la facilità di un neutrino, senza neanche accorgersi della mia presenza. Poi più nulla. Un silenzio irreale si espande tutto intorno a me. Resto immobile, è come se il corpo non rispondesse più ai miei comandi.

Ora ricordo. Il bagliore accecante oltre ogni possibile immaginazione, al rallentatore, come in un film di cui sai di fare parte ma ti illudi di esserne solo spettatore.

Intorno a me il buio. Sento una presenza muoversi vicino a me. Mi parla. – È tardi, svegliati! – Maledetta sveglia, o troppo forte o troppo piano.

La notte. Quando tutta questa avventura ebbe inizio, tanti anni fa, la notte era mia amica. Risuonano ancora nelle mie orecchie le parole cariche di emozione e aspettativa di quella notte. Era tardi e ancora non avevo smaltito l’adrenalina del palco, ma capivo che davanti a me si stava aprendo una nuova vita. – Sei una provola! – Non dimenticherò mai quella sera.

Ma il fallout sta lentamente ricoprendo tutto quello a cui ho dedicato ogni mio respiro per oltre vent’anni. Una polvere sottile, quasi impalpabile si sta impadronendo della mia realtà, ricoprendo ogni momento, ogni ricordo, ogni cosa a cui tengo.

Raccolgo le poche energie residue dopo una notte insonne e mi muovo lentamente in una realtà che sembra non appartenermi più. Echi di voci ed azioni fino a ieri pieni di gioia, mi risuonano dentro come le voci di fantasmi di un lontano passato.

D’altronde devo cercare di razionalizzare, di raccogliere le energie residue ed organizzarmi per superare le conseguenze dell’attacco che il nemico ha portato devastante, dove io pensavo di essere più al sicuro.

– È stata come l’esplosione di una bomba atomica – queste parole mi risuonano ossessivamente nella mente anche quando vorrei un po’ di silenzio, CAZZO avrò ben diritto ad un po’ di silenzio! Almeno nella mia mente…

Ma è inutile arrabbiarsi, finirei probabilmente per prendermela solo con me stesso. Non riesco a provare veramente rancore.

Sei anni sono un tempo sufficiente per evitare la collisione, ma quando pensi che non potrà mai succedere a te, tendi a sottovalutare il pericolo. Dopo tanti anni, tante esperienze, emozioni, speranze, delusioni ma principalmente tanta vita all’unisono, forse è facile adagiarsi.

Ma chi prendo in giro! La verità è che sono un vigliacco e a volte davanti alle difficoltà scappo! VAFFANCULO!!!!

Intanto la giornata intorno a me è cominciata e io sono come in uno stato di tranche.

All’inizio pensavo che il bunker fosse un posto sicuro, ma mi illudevo. Come nel film The Others, la realtà è la fuori! E certamente non aspetta me…

Allora esco timidamente e cerco di riabituare gli occhi alla luce del sole che, stranamente, ancora brilla la fuori.

Chissà, forse c’è un futuro dopo che le ceneri del fungo atomico si saranno posate. E io voglio essere li per non lasciarmelo scappare.

ALMENO NON STAVOLTA!

A presto
Paolo

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